Giuseppe Lenzo
Fratture : La Diagnosi
Si denomina frattura la lesione dell'osso, di origine traumatica, patologica o chirurgica.
Pertanto si possono classificare le fratture in rapporto all’agente eziologico in:
- traumatiche: la frattura e’ dovuta a un agente esterno che vince la resistenza dell’osso;
- Patologiche: la frattura è dovuta alla diminuita resistenza meccanica dell’osso, causata da patologie ossee (osteoporosi, tumore osseo, neoplasie);
- chirurgiche: l’interruzione dell’osso viene realizzata dal chirurgo per correggere eventuali vizi di consolidazione, alterazione di assi fisiologici avvenuta durante la crescita (es. intervento a cuore aperto).
§ Diagnosi
La diagnosi di una frattura si basa su segni di probabilità e su segni di certezza.
I segni di probabilità sono comuni a tutti i tipi di trauma:
- il dolore;
- la tumefazione, in quanto la forza applicata su un tessuto molle determina intorno alla sede di applicazione della forza stessa la formazione di edema, la cui ampiezza dipende dall'entità della reazione infiammatoria;
- ematoma, per stravaso ematico;
- limitazione o addirittura impotenza funzionale, a seconda del grado di compromissione della motilità del segmento scheletrico. La limitazione funzionale più o meno grave (fino all'impotenza) dipende sia dall'entità del trauma sia soprattutto dal livello-soglia del dolore del paziente.
I segni di certezza sono invece:
- la deformità, cioè un'alterazione del profilo anatomico di un arto;
- la motilità preternaturale, dovuta alla discontinuità della leva scheletrica, che consente movimenti fisiologicamente non presenti, innaturali;
- crepitio osseo, dovuto allo strofinìo, all'attrito reciproco tra le superfici di frattura;
- esame Rx in proiezioni standard (frontale e antero-posteriore), necessario sia per classificare il tipo di una frattura riconosciuta sia per evidenziarne una ad es. composta non riconoscibile altrimenti, perchè i segni precedenti sono assenti e le informazioni riferite dal pz non sono decisive. Ad esempio in un soggetto di ottanta anni, che dopo una caduta da una sedia pur essendo in grado di deambulare zoppica e sente molto dolore, bisogna effettuare l'esame radiografico essendo probabile che ci sia una frattura ingranata della testa del femore, anche se egli è in grado di muovere la gamba e di camminare;
- T.A.C.: se per le ossa lunghe è sufficiente l'esame radiografico in proiezioni standard, per le ossa piatte (scapola, calcagno, bacino, ecc.) è consigliabile effettuare questo esame per avere una ricostruzione tridimensionale dell'osso interessato dal trauma.
Neuroma di Morton : Cause e Rimedi Fisioterapici
E' una sindrome canalicolare che si manifesta come metatarsalgia nevralgica, dovuta a un processo d’irritazione, d'origine meccanica, che interessa il secondo o, più frequentemente, il terzo ramo digitale comune e/o i rami digitali propri. Più spesso colpisce le donne in età compresa tra i 25 e 50 anni, con dolore associato a bruciori e parestesie; si scatena co la deambulazione prolungata, specialmente se con scarpe strette e scomode.
Il neuroma di Morton può essere causato da:
- – ragioni anatomiche del piede: dove i metatarsi sono più vicini fra loro, lo ossa e il nervo si sfregano costantemente e ciò può indurre la malattia;
- – scarpe con il tacco alto: il piede è in pendenza e vengono stressate maggiormente le dita;
- – scarpe strette: tendono a schiacciare i metatarsi e a provocare la patologia;
- – traumi al piede;
- – sollecitazioni ripetitive sul piede: molto comune fra chi gioca a calcio e chi pratica la danza;
- – deformità nel piede: la patologia può manifestarsi in chi soffre di calli,piede piatto o dita a martello.
Per poter affrontare il problema al meglio diventa opportuno allora attenzionare le calzature: si suggeriscono scarpe più ampie e in gomma,comode che ammortizzano la parte dell'avampiede deficitaria. Il trattamento può avvalersi di infiltrazioni locali ( anestetico e/o cortisone ), ma è la fisioterapia che trova grande applicazione.
Sedute di ultrasuono e Laser Nd Yag permettono di ottenere grossi benefici, portando alla risoluzione del problema. L'applicazione della borsa del ghiaccio per 3/4 volte al giorno ( 15 min) è molto utile per alleggerire il senso di dolore e bruciore che si prova sull'avampiede.
Se non si hanno netti risultati, il trattamento finale rimane quello chirurgico, esportando il neuroma, facendo cosi scomparire il dolore, ,ma conseguentemente anche la sensibilita della zona laterale e mediale delle dita interessate.
IL Gomito del tennista o Epicondilite
Soffri anche tu del “Gomito del Tennista”, ma non hai mai giocato a tennis??
In effetti, sono molte le attività, sportive e non, che possono causare la comparsa di questa fastidiosissima condizione.
Andiamo a scoprire cos’è!!
Cos’è il gomito del tennista o epicondilite
Sebbene il termine medico per indicare il gomito del tennista – epicondilite – possa far pensare a un’infiammazione, lo stato doloroso è dato in realtà da una degenerazione dell’inserzione osteo-tendinea dei muscoli epicondiloidei-estensori.
Ti spiego meglio: il gomito è un’articolazione che unisce l’osso del braccio all’avambraccio. Ora, all’estremità inferiore dell’omero si trova l’epicondilo laterale, una protuberanza che funge da punto di inserzione per i muscoli dell’avambraccio, che si legano all’osso tramite i tendini ( ed è proprio qui che si instaurano i processi di degenerazione mio-tendinei ).
I sintomi del gomito del tennista
Sono 3 i sintomi più diffusi :
- dolore localizzato nella zona del gomito o che si irradia lungo l’avambraccio fino ad arrivare al polso;
- dolore in seguito all’uso del polso o della mano;
- indebolimento del polso e dell’avambraccio.In alcuni casi, insomma, il gomito del tennista può diventare limitante nello svolgimento delle normali attività quotidiane.
Come comportarsi in caso di gomito del tennista
Per quanto riguarda il dolore da epicondilite può essere affrontato, previe consulenza e prescrizioni del tuo medico, attraverso trattamenti Fisioterapici (Laser ND-YAG, TECARTERAPIA,TENS), crioterapia ( ghiaccio ) e associazione di terapia farmacologica.
Il riposo resta il migliore alleato per evitare ricadute o, peggio, cronicizzazione.
Per curare il gomito del tennista, e poi prevenire eventuali ricadute , ti posso dare utili consigli:
• riscalda i muscoli del braccio prima di iniziare un’attività sportiva;
•fai esercizi di stretching per il polso: fletti ed estendi i polsi usando i pesi appositi, in questo modo aumenterai la forza senza danneggiare i tessuti.
•quando devi sollevare qualcosa, cerca di tenere i polsi diritti e rigidi: in questo modo saranno i muscoli dell’avambraccio superiore, più grandi e robusti, a fare il lavoro che altrimenti farebbero i muscoli dell’avambraccio inferiore, più piccoli e meno potenti.
Cos'è la PROPRIOCETTIVA ?
Quante volte, se sottoposti a visite medico-specialistiche, ci troviamo davanti a “paroloni” e termini tecnici di cui non si conosce il significato ?!? E quante volte si accantona o si ignora un giusto consiglio perché non capito ?!?
Spesso, in fase post chirurgica, preventiva o nella preparazione sportiva , molti medici e ortopedici prescrivono la “ Riabilitazione PROPRIOCETTIVA “. Andiamo a vedere cos’è !!!
Per Propriocettiva si intende la capacità del nostro Sistema Nervoso di riconoscere il proprio corpo nello spazio e ricopre un ruolo fondamentale nel controllo del Movimento . E’ dunque una funzione del nostro sistema del controllo Motorio, la quale si può allenare e migliorare.
L'allenamento propriocettivo è composto da un insieme di esercizi che vanno a creare situazioni di instabilità, allo scopo di valutare e migliorare i segnali provenienti dalle parti periferiche del corpo, in particolare dagli arti inferiori.
Obiettivo primario dell'allenamento propriocettivo è quello di rieducare i riflessi propriocettivi, al fine di ottenere nuovamente un ottimale controllo della postura e delle articolazioni interessate.
Facciamo un esempio pratico :
Quando un’atleta subisce un infortunio, più o meno grave (lesione muscolare, versamenti articolari, fratture, distorsioni ) il nostro Sistema Nervoso reagisce cercando di ridurre ai minimi termini i danni procurati dall’infortunio stesso , riducendo molti segnali e riflessi informativi che provengono dall’arto leso; una volta ripreso dall’infortunio, l’atleta dovrà ripristinare il controllo assoluto del proprio corpo attraverso la Riabilitazione PROPRIOCETTIVA , per migliorare la propria Performance Sportiva.
L'allenamento propriocettivo dev'essere impostato su situazioni che inducono l'atleta a perdere l'equilibrio, quindi ad attivare la muscolatura velocemente e correttamente per recuperarlo nel minor tempo possibile. Il miglioramento dell'equilibrio avviene attraverso il mantenimento della posizione unito alla capacità di correggere velocemente gli sbilanciamenti.
La tecnica si basa su sollecitazioni controllate ed applicate alle articolazioni, utilizzando sia esercizi in scarico che in carico naturale, in appoggio sul terreno o su piani oscillanti di varia difficoltà, come tavolette, tappetini elastici, bouncer, skymmi, bosu, trampolini e molte altre.
Tutte le esercitazioni propriocettive devono essere proposte evitando di indossare le scarpe, in modo da non distogliere le sensazioni propriocettive dalla calzatura. Per intensificare ulteriormente l'allenamento è possibile eseguire gli esercizi ad occhi chiusi. Gli esercizi ad occhi chiusi sono utilizzati per disturbare i sistemi d'informazione dell'equilibrio, e costringono l'atleta ad essere più sensibile agli altri canali d'informazione rimasti operanti. Infine, per rendere ancor più difficile l'allenamento propriocettivo è possibile creare dei percorsi con molte tavolette, pedane e terreni instabili, dove si potrà camminare, correre, balzare ed eseguire gesti tecnici relativi alla propria disciplina sportiva.
Vi starete chiedendo : “ ma allora solo lo sportivo fa la PROPRIOCETTIVA ? “
Chiaramente No!! La Riabilitazione PROPRIOCETTIVA è indicata su tutti i pazienti, dall’adolescente all’ adulto e anziano; da anni ormai si è visto che anche la Riabilitazione Neurologica viene completata con esercizi di PROPRIOCETTIVA ( pazienti con ICTUS, patologie Cerebellari, Parkinsonismi, etc..), attraverso la quale si va a migliorare la presa di consapevolezza degli arti lesi da eventi che colpiscono il Sistema Nervoso.
LA RIABILITAZIONE DEL PAVIMENTO PELVICO
La riabilitazione del pavimento pelvico, comprende un’insieme di tecniche, non chirurgiche e non farmacologiche,che mirano al trattamento dei disturbi del pavimento pelvico, soprattutto riguardanti l’incontinenza urinaria.
L’adulto sano può scegliere il luogo ed il momento per urinare, mentre nell’incontinenza urinaria, il soggetto ha un’emissione involontaria di urine, in luoghi e tempi inappropriati. Non ha più un controllo volontario del suo svuotamento vescicale. L’ incontinenza urinaria è presente in molte malattie neurologiche, ma qui si può fare ben poco, perché vi è una lesione delle vie nervose. I principali tipi di incontinenza, che trovano beneficio dalla riabilitazione sono:
- l’incontinenza da sforzo (stress incontinence);
- L’incontinenza da urgenza;
- L’iscuria paradossa;
- Forme miste di incontinenza;
L’ incontinenza da sforzo o stress incontinence, è dovuta ad un’insufficienza dei muscoli del pavimento pelvico. E’ tipica del sesso femminile, in cui vi può essere un deficit dei mm.del pavimento pelvico. Si dice da sforzo, perché la perdita di urina avviene, quando vi è un aumento della pressione all’interno dell’addome, ad esempio quando si fa uno sforzo (quando si sollevano le buste della spesa, qnd si fa un colpo di tosse ecc..). Quando vi è un aumento della pressione endoaddominale, essendoci un deficit dei muscoli del pavimento pelvico, si ha la perdita involontaria di urina.
La riabilitazione prevede:
- La chinesiterapia;
- Il biofeedback;
- L’elettrostimolazione;
- Uso di dispositivi intravaginali, detti “coni vaginali”;
Gli OBBIETTIVI sono:
- Migliorare l’efficienza del pavimento pelvico;
- Migliorare la capacità propriocettiva dello schema corporeo; (lavorare sulla postura)
- Ripristinare i sinergismi respiratori, addominali e pelvici; (gli esercizi prevedono anche quelli respiratori, al fine di avere un sinergismo)
Con la riabilitazione pelvi-perineale non si hanno effetti collaterali, perché non si utilizzano farmaci, e si ottengono dei buoni risultati. Si fa in pazienti selezionati come le donne con incontinenza da sforzo, nell’insufficienza dei muscoli perineali, nella chirurgia pelvica, nel post-partum, nella cistocele ( che è un prolasso lieve della vescica) mentre è inutile farla nella paziente troppo anziana. Il trattamento si basa su cicli di 10 sedute a frequenza bi o tri settimanale. In genere sono sufficienti 2-3mesi di trattamento, ma le sedute possono anche ripetersi ogni sei mesi o ogni anno, se necessario. All’inizio si sottopone il paziente ad interventi ambulatoriali per monitorare la corretta esecuzione degli esercizi; successivamente si possono continuare le sedute a domicilio, anche in modo sequenziale, cioè le prime 10 sedute devono essere costanti, poi la paziente può decidere quando farle.
Cos'è il Laser ND: Yag ?
La Laserterapia Ad Alto Potenziale ND:YAG sfrutta le particolari caratteristiche fisiche della luce Laser, ad una lunghezza d'onda di 1064 nm., per riattivare il metabolismo cellulare e indurre alla remissione del dolore, la diminuzione dell'infiammazione, il riassorbimento dell'edema.
IL Laser al Neodimio YAG: arriva ad una certa profondità, fino a 5-6 cm, ed è pertanto indicato nelle patologie muscolo-tendinee o traumatiche articolari.
Sono tre gli effetti di una performance con Laser ad alta potenza : fotochimico, fototermico e fotomeccanico, i quali garantiscono una risposta antalgica e antinfiammatoria sui tessuti.
PRINCIPALI INDICAZIONI
• Borsiti, sinoviti, capsuliti, epicondiliti, sindrome da impingement
• Tendinite e tenosinoviti
• Edemi ed ematomi da trauma
• Patologie post-traumatiche o da sovraccarico
• Sindromi adduttorie, distorsioni tibio-tarsiche, entesiti, condropatie rotulee in traumatologia sportiva
• Lombalgie e Lombosciatalgie
#manipulation
Sin dai tempi antichi si parla di manipolazione vertebrale , intesa come pratica terapeutica sviluppata nelle scuole mediche sia occidentali che orientali.
Ad oggi, con il termine di Medicina Manuale , si intende quella branca della Medicina che utilizza la pratica manipolatoria, ma non solo , per la risoluzione di Disturbi Intervertebrali.
In questo studio, Professionisti specializzati adottano le manipolazioni vertebrali seguendo dei criteri ben definiti e spiegati dal Prof. Robert Maigne.
L'approccio al paziente non varia molto da quello che qualsiasi medico e terapeuta dovrebbe fare in altra circostanza, se non la con la differenza delle valutazioni proprie delle terapie manuali. Il paziente deve essere valutato già visivamente quando lo si accoglie allo studio: si osserva la deambulazione , come si siede, come si spoglia , come sale sul lettino, se è ansioso o tranquillo, se è prevenuto o ben disposto.
- Dopo una attenta valutazione clinica, il fisioterapista in totale sicurezza decide di trattare il paziente con la manipolazione vertebrale , indirizzandolo verso finalità terapeutiche esclusive dell’apparato muscolo scheletrico . Dunque per Manipolazione si intende la mobilizzazione passiva forzata di un'articolazione, oltre il limite fisiologico, ma non anatomico, in direzione terapeutica. Esse sono estremamente efficaci in tutte quelle affezioni che producono un disturbo intervertebrale minore come:
- CERVICALGIE
CEFALEE CERVICOGENICHE - ALCUNI DOLORI DI SPALLA
- DORSALGIE
- LOMBALGIE
- SCIATALGIA
- PROTRUSIONE ED ERNIE DISCALI
- ALCUNI DOLORI DI ANCA,GINOCCHIO E CAVIGLIA
Il trattamento Manipolativo può essere svolto da solo o abbinato ad altra metodiche fisioterapiche, come la massoterapia, fisioterapia posturale e fisioterapia strumentale.
Protesi di Ginocchio : La Riabilitazione !!
Si parla di Protesi di Ginocchio quando vi è la sostituzione completa o parziale dell'articolazione femoro-tibiale.
La Riabilitazione ricopre un importante ruolo nell'iter che accompagna il paziente candidato all'intervento chirurgico di protesizzazione, infatti si può dire che questa non inizia solo dopo l'atto chirurgico: nella fase pre-operatoria è opportuno preparare il paziente con esercizi di rinforzo selettivi per gli arti inferiori, ma anche per il tronco e braccia , affinchè quest'ultimo sia il più possibile pronto ad affrontare il post-intervento.
OBIETTIVI DELLA RIABILITAZIONE POST-INTERVENTO DI PROTESI DI GINOCCHIO
Subito dopo l'intervento chirurgico, il primo obiettivo è quello di prevenire le complicanze: tra queste la trombosi venosa profonda , evitandola con l'assunzione di eparina a basso pero molecolare, con l'utilizzo di calze elastiche e con la precoce mobilizzazione ( da subito è fondamentale la mobilizzazione della caviglia per favorire il ritorno venoso ) .
Un'altra complicanza che vanifica l'intervento sono le aderenze e le contratture in flessione. Se il paziente non viene mobilizzato sin da subito andrà incontro a processi flogistici che portano alla formazione di aderenze e conseguenti calcificazioni che portano alla limitazione dell'articolarità.
Superati i primi giorni, il fisioterapista deve cercare , oltre al recupero del range articolare, anche il miglioramento della forza muscolare , attraverso il reclutamento dei muscoli quadricipite, flessori del ginocchio e muscoli della loggia anteriore , posteriore e laterali della gamba.
Si inizia, dunque, attraverso l'esercizio isometrico, per poi passare agli esercizi isotonici a catena cinetica aperta. Gia in quarta - quinta giornata , il paziente viene messo in piedi , inizialmente con il deambulatore con appoggio ascellare , successivamente con due stampelle, per poi arrivare a una.
Durante la deambulazione il paziente avrà un atteggiamento claudicante , per evitare il dolore nell'arto operato, dunque è compito del fisioterapista correggere le posture anomale assunte durante il cammino ( ad esempio con esercizi davanti allo specchio ).
Una volta recuperata parte dell'articolarità, ridotto il versamento e inseganto al paziente la corretta deambulazione, quest'ultimo è pronto alle dimissioni per continuare la Riabilitazione a casa.
Nei primi 2 mesi successivi all'intervento, vi è l'esigenza di continuare il recupero funzionale del ginocchio a casa attraverso l'aiuto di un fisioterapista o in centri di fisioterapia Ambulatoriali.
Una volta acquisita una certa autonomia nel cammino e un certo reclutamento muscolare , si possono iniziare molti esercizi a catena cinetica chiusa, propriocettivi e in acqua per completare l'atto riabilitativo.
SCOLIOSI : vera o atteggiamento ?!?
La scoliosi si presenta come una deviazione laterale, permanente, della colonna vertebrale associata alla rotazione dei corpi vertebrali. Questa rotazione si accompagna ad una deformazione dei dischi intervertebrali e a retrazioni (accorciamenti) muscolo legamentose. Si presenta durante l’infanzia, l’adolescenza, ma può anche essere congenita, si evolve durante lo sviluppo e si arresta a sviluppo terminato.
Presenta una o più curve che alterano l'aspetto e la funzione della colonna e del tronco (curve strutturate o primitive),le quali , al contempo, portano alla formazione di curve di compenso così che il cranio sia centrato sul bacino e sul perimetro di appoggio.
Se non vi è rotazione dei corpi vertebrali e il soggetto riesce a correggere spontaneamente la postura errata , allora l'anomalia prende il nome di paramorfismo, dunque atteggiamento, che necessita di trattamenti fisioterapici e posturali adeguati per una corretta risoluzione.
COME LA SI VALUTA?
Un'anamnesi ben condotta può fornire dati importanti per l'inquadramento del paziente.
L'esame obiettivo del rachide va condotto in ortostatismo (posizione eretta) valutando la presenza di uno dei seguenti segni
spalle a diversa altezza
bacino sbilanciato
una o entrambe le scapole prominenti
anca sollevata
inclinazione della postura da un lato
asimmetria dei triangoli della taglia
Inoltre, posizionando un filo a piombo a livello dell'apofisi della settima vertebra cervicale è possibile valutare il grado di compensazione tra tronco e pelvi : normalmente il filo a piombo dovrebbe cadere nella piega interglutea.
Molto importante è la ricerca del gibbo: facendo flettere in avanti con il tronco il paziente risulta facile valutare l’incurvamento dei processi spinosi e soprattutto l’entità del gibbo costale.
TRATTAMENTO
Per quanto riguarda il trattamento bisogna distinguere quali sono gli atteggiamenti della scoliosi correggibili da quelle che sono le vere e proprie alterazioni della colonna vertebrale che nelle fasi iniziali possono essere trattati per angoli compresi tra i 15 ed i 20 gradi tramite l'educazione posturale e la regolare pratica di attività fisica. L'osservazione prevede controlli clinici ogni 6 mesi e radiografici annuali.
Per angoli compresi tra i 25 ed i 40 gradi il trattamento incruento ha lo scopo di fermare o rallentare l'evoluzione della curva. Esistono diverse soluzioni terapeutiche incruente adattabili alla gravità della situazione: dalla chinesiterapia, alla fisioterapia posturale secondo il metodo Mézièrese, alla fisioterapia in acqua. Per le situazioni più gravi si utilizzano corsetti di vario tipo (Milwaukee, gessati, Lionese, Lapadula ecc.), che hanno però lo svantaggio di limitare i movimenti e di essere molto scomodi per il paziente.
Oltre i 35°-40° si ricorre al trattamento chirurgico che ha lo scopo di bloccare la deformità impedendone l'evoluzione evitando così complicazioni respiratorie o neurologiche. L'uso di un corsetto gessato può rappresentare una valida terapia nei casi in cui l'accrescimento osseo debba ancora terminare. Il corsetto gessato viene altresì utilizzato in seguito al trattamento chirurgico per immobilizzare temporaneamente il rachide.
PIEDE PIATTO : Come agire?
Il piede è una struttura molto complessa con molpteplici funzioni quali il sostegno, l'equilibrio, la deambulazione.
La sua struttura è divisibile in 3 zone : - Avampiede - Mesopiede - Retropiede ; ognuna di queste aree è formata da diverse articolazioni tenute stabili da legamenti e tendini.
In posizione monopodalica, il piede poggia su tre punti: il calcagno, il primo metatarso e il quinto metatarso; quando ci troviamo davanti ad una accentuazione della curva che va dal calcagno al primo metatarso possiamo riscontrare il cosiddetto piede cavo, mentre una ridotta angolazione della curva tra gli stessi punti è il segno identificativo del PIEDE PIATTO.
Si parla di Piattismo del piede quando si ha lo spostamento del calcagno verso l'esterno con conseguente riduzione o appiattimento della volta longitudinale mediale e la pronazione persistente del piede.
Dunque il Piede Piatto non è una malattia ma un sintomo conseguente a:
1- una lassità ligamentosa ;
2- protrusione astragalica e rotazione verso il basso;
3- ipotonotrofia dei muscoli cavizzanti (tibiale posteriore, peroneo lungo, flessore lungo dell'alluce, flessore comune delle dita, muscoli intrinseci plantari).
Come posso notare un piede piatto ?!?
Ad occhio nudo è gia possibile notare un'abbassamento della parte interna del piede, ma sicuramente attraverso la Podoscopia e la Baropodometria si possono studiare i vari stadi di piattismo : in sintesi si fotografa il piede e il relativo appoggio sia in statica che in dinamica ( durante il cammino ) per analizzare le varie fasi di carico e distribuzione delle forze .
L'esame radiografico conferma la diagnosi , evidenziando l'alterata posizione assunta dal piede sotto carico.
Come lo curiamo ?!?
Innanzitutto è opportuno ricordare che la cura del piede piatto non deve avvenire in fase iniziali di crescita, in quanto nel bambino la mancanza della curva longitudinale mediale è fisiologica.
Una volta diagnosticato dunque un Piattismo patologico, il trattamento fisioterapico consiste nel riequilibrio posturale globale del paziente con particolare attenzione nel reclutamento e potenziamento dei muscoli cavizzanti e stabilizzatori della caviglia e del piede; alcuni esercizi per migliorare e accentuare la curva interna del piede si basano sul cammino sulle punte , sul tentativo di afferrare con le dita alcuni piccoli oggetti o un foglio di carta, sulla deambulazione sulla sabbia e propriocettiva. Al trattamento riabilitativo si associa l'utilizzo di plantari con rialzo mediale per la correzzione dell'atteggiamento.
Se il grado di Piattismo è elevato allora si interviene chirurgicamente, attraverso l'inserimento di una vite nel seno del tarso, che va a stimolare i recettori propriocettivi modificando e correggendo l'appoggio.